TESTIMONIANZE
L’arte di Victor de Sabatadi Giulietta SimionatoTratto da: Teodoro Celli, “L’arte di Victor de Sabata”, ERI/Edizioni RAI, Torino, 1978
Inizialmente cantare con de Sabata mi dava terrore: il terrore di sbagliare, il terrore di non tenerlo abbastanza d’occhio.
È stato un artista eccezionale: adesso lo posso dire con più maturità e con più convinzione, ma una volta non ero all’altezza di poterlo giudicare; sentivo soltanto la paura di quest’uomo, perché era terribile, era intransigente, dí una severità veramente esasperante per quanto riguardava il lavoro, la precisione musicale.
Io non ho fatto molte cose importanti con lui perché ero ancora nel periodo della « gavetta» e di quell’epoca ricordo La Forza del destino e prima l’Emilia nell’Otello con la Caniglia, Bechi e Vinay. Allora era il periodo proprio del terrore. Quando è venuto il momento della Messa di Requiem di Verdi io veramente non pensavo di poterla fare, non pensavo nemmeno che mi chiamassero; invece mi ha voluta proprio lui, e quando è stato il momento di studiarla — c’era solo una settimana di tempo — io ho detto: « Non so se ce la faccio! ». Ero terrorizzata al pensiero di cantare la Messa di Requiem con de Sabata alla Scala, e di studiarla ín una settimana. Anche se si « leggeva », insomma, era sempre una responsabilità e io avevo il terrore di non farcela. Allora egli mi ha preso da parte, e mi ha detto: «Senti, Giuliettina» — perché era un uomo dolcissimo quando non «lavorava» – «Io voglio che tu faccia la Messa di Requiem con me». Io son rimasta senza parole, non ho detto niente; lui ha aggiunto: « Te la insegno io, vedrai, in una settimana ». Ho detto: « No, guardi, Maestro, mi scusi, se la devo studiare con lei sono certa che non la imparerò! ». « Perché — dice — credi che non te la sappia insegnare? » « No — dico, — maestro, non è questo! Ma io ho troppa paura! » « Paura? — dice — Io non ho mai mangiato nessuno! » « Non per questo; ma perché ho paura di non farcela, insomma, allora piuttosto preferisco rinunciare. » « No, no —dice — te la insegno io e in una settimana vedrai che ti avanza anche tempo di riposare ».
Insomma, dopo molte insistenze, me l’ha insegnata il primo sostituto della Scala. Egli veniva ogni tanto per sentirmi, però non appena entrava mi bloccavo, ero proprio terrorizzata! Quando poi siamo andati in esecuzione, mi ricordo che quando facevo qualche cosa come a lui piaceva, mi mandava baci; quegli occhi pur severi, da intransigenti com’erano, diventavano di una dolcezza tale che io addirittura mi liquefacevo. E questo, naturalmente, era un incentivo per me a fare meglio e avrei fatto chissà che cosa pur di accontentarlo!
Di quest’uomo ho un ricordo bellissimo e dolcissimo, perché con me è sempre stato comprensivo, perché ha capito che io ero molto emotiva, molto paurosa, timorosa, e che ero molto esigente con me stessa, quindi preferivo rifiutare una cosa piuttosto che poi trovarmi al punto di non farcela. Ero una romantica e una sentimentale; questo lui l’aveva capito e sapeva come prendermi. L’unica cosa che mi addolora è di aver cantato poco con lui.
De Sabata è riuscito a togliermi la paura, il timor panico dei direttori d’orchestra, perché dopo aver cantato con lui, cantare con gli altri sembrava quasi un gioco. Non per diminuire, naturalmente, il valore degli altri ma perché gli altri avevano un modo diverso di essere intransigenti, pur essendolo anche loro. E poi de Sabata era anche un uomo che si divertiva. Cito un esempio: quando abbiamo fatto l’inaugurazione della Piccola Scala con Il Matrimonio segreto, nella scena della Fidalma — personaggio anche quello che non volevo fare perché mi sembrava di non avere le physique du róle — mi diceva « Ma perché invece di fare la solita Fidalma grassa appesantita, non la fai magra, com’è il tuo tipo? » E così ho fatto.
E lui si divertiva talmente, quando c’era il mio duetto con Paolino, che tutte le sere immancabilmente veniva fra le quinte; poi, quando io rientravo, mi abbracciava e mi diceva: «Quanto mi diverto con questo duetto; quanto sei divertente, Giuliettina! ».
In: Teodoro Celli, “L’arte di Victor de Sabata”, ERI/Edizioni RAI, Torino, 1978