TESTIMONIANZE
L’arte di Victor de Sabatadi Maria CanigliaTratto da: Teodoro Celli, “L’arte di Victor de Sabata”, ERI/Edizioni RAI, Torino, 1978
La gioia di cantare con de Sabata era grandissima, perché il Maestro aveva il potere speciale di trasmettere a chi cantava tutto quello che lui voleva! Era così preciso che noi ci sentivamo come ipnotizzati; aveva una tale forza, una tale vivezza nel chiedere quello che voleva, che noi rispondevamo in tutto!
Con de Sabata non era ammesso il mezzo termine: lui voleva la perfezione, ci spremeva come limoni, provava moltissimo. Ricordo il mio primo incontro, la prima emozione che ho avuto con de Sabata, il primo anno che cantavo alla Scala. Ero stata scritturata per Lo straniero di Pizzetti, come debutto alla Scala, nella stagione ’31-’32. E un giorno sono stata chiamata: «Signorina, il Maestro de Sabata vuoi sentirla».
Sono andata in sala di prova, de Sabata mi ha sentita, poi ha detto: « Senta, signorina, lei mi dovrebbe far la cortesia di cantarmi le due romanze della Turandot… della Liù »…. E io ho cantato la Liù, mai immaginando però che de Sabata volesse farmi cantare quella parte in teatro. Appena ho finito, lui mi ha abbracciata dicendo: « Senta, signorina, io credo che Puccini quando ha scritto quest’opera abbia pensato assolutamente ad una voce come la sua; perciò, lei dev’esser gentile, deve cantare questa parte! ». Io sono stata felicissima, ho detto: «Maestro, cantare con lei per me è un grande onore», e ho cantato. E devo dire che me l’ha preparata lui quella parte, e in quale maniera!… E in una frase difficilissima di una delle due romanze mi ha fatto fare un tale effetto che io credo di aver avuto il più bell’applauso di tutta la mia carriera! É stata un’ovazione, è stato un urlo!
Ho cantato con de Sabata tante opere: Aida, Otello, Trovatore, Forza del destino, Nozze di Figaro, Don Giovanni, Fedora, Andrea Chénier, Traviata… tutte le mie opere. Io credo che per dieci anni devo aver cantato con lui. Era una tale gioia, un tale godimento! Però bisognava rigare dritto!… Guai se si sbagliava con de Sabata: si arrabbiava, con lui non si doveva sbagliare! E infatti si andava preparati bene, perché si studiava, si provava, non come oggi; allora si facevano prove e prove!
Vorrei concludere con il ricordo di una serata particolarmente emozionante. Io ho cantato con de Sabata tante volte, forse ogni due o tre anni la Messa di Requiem di Verdi alla Scala e con lui l’ho cantata anche a Roma in Santa Maria degli Angeli. Però c’è stato un anno che con lo stesso quartetto di Roma — io, Stignani, Gigli e Pasero — abbiamo fatto una Messa di Requiem, alla Scala che noi stessi mentre cantavamo ci domandavamo: siamo degli angeli o siamo delle voci umane che cantano?… Di una tale perfezione, di una tale fusione, che quando de Sabata ha posato la bacchetta il pubblico della Scala si è alzato in piedi, è stato un urlo!… Lo hanno preso in braccio e l’hanno portato fuori nel foyer, proprio in trionfo! Ne ho cantate tante di Messe di Requiem, ma quella sera, io non so, lui ci trasmetteva e noi cantavamo come lui voleva! Un grande maestro!
In: Teodoro Celli, “L’arte di Victor de Sabata”, ERI/Edizioni RAI, Torino, 1978