TESTIMONIANZE

L’arte di Victor de Sabatadi Paul Bülow Tratto da: Teodoro Celli, “L’arte di Victor de Sabata”, ERI/Edizioni RAI, Torino, 1978

L’arte di Victor de Sabata di Teodoro Celli

Nel 1939 Victor de Sabata diresse al Festival wagneriano di Bayreuth sei recite di Tristano, a partire dal 26 luglio fino al 27 ago­sto. La stampa tedesca fu larga di entusiastici elogi. Riproduciamo alcune pagine del quotidiano «Bayerische Ostmark» nella edizione dedicata al Festival, contenenti diversi articoli su quel memorabile avvenimento artistico. In particolare, nell’articolo « Prima prova di Tristano con de Sabata » il critico Paul Bülow dice fra l’altro:

“Le sue prime prove erano attese con grandissimo interesse, perché i colleghi berlinesi, che avevano recentemente suonato Otello e Aida sotto la sua direzione all’Opera di Stato, avevano anticipato cose meravigliose delle sue capacità. Così, in occasione della prima prova di Tristano nella Holzhalle del palazzo del Festival (dove avvengono le prime prove orche­strali), che aveva già accolto alcuni grandi nomi sul podio, come Hans Richter, Balling, Muck, Strauss, Toscanini, Furtwaengler, regnava una feb­bre paragonabile a quella delle prime. Su, dietro la balaustra, un piccolo auditorio di intenditori: la contessa Gravina [Blandine von Bülow, figlia adottiva di Richard Wagner, sposata al nobile siciliano conte Biagio Gra­vina (n.d.r.)], Wolfgang Wagner [figlio secondogenito di Siegfried, e perciò nipote di Richard Wagner (n.d.r.)], Franz von Hoesslin, Herbert von Karajan (il cui Tristano di Berlino è stato recentemente un grande successo), cantanti, maestri sostituti. E quando l’italiano, dopo aver ami­chevolmente salutato la signora Wagner [Winifred, vedova di Siegfried Wagner (n.d.r.)] e il Consigliere di Stato Tietjen [il direttore artistico del festival (n.d.r.)], si mise al lavoro, sul podio del direttore d’orchestra, senza partitura, la prova divenne davvero un avvenimento sensazionale nel miglior significato della parola. Dirigere a memoria oggi non è più una rarità. Tuttavia, farlo come de Sabata quale al centro dell’orchestra invisibile non lo fa certamente per provocare un effetto sul pubblico — avendo impressi tutti i particolari della partitura nella memoria, è cosa al limite del leggendario. Nel pieno dell’ebbrezza sonora di un crescendo di «tutti», egli si interrompe: «Signori! Molto bene! Ma il secondo flauto è troppo alto! E i violoncelli insieme col corno, molto forte! Prego, ancora una volta dal numero otto della seconda scena!». Oppure egli suscita il calmo accompagnamento tremolo degli archi: « No, non l’accompa­gnamento a tacche-tacche! Ma espressivo: sssst! ». Estremamente sorpreso, il pubblico esperto, munito di partitura, constata l’assoluta esattezza delle sue correzioni. La sua memoria sembra dare più affidamento delle note scritte. E ben presto non è più l’inaudita capacità della sua memoria che provoca mormorii e cenni entusiastici, ma il suo grandioso, drammatico « insieme », quando egli sprona l’orchestra, con mimica trascinante, attra­verso i culmini e le sottigliezze della dinamica e della espressione…  “

 

In: Teodoro Celli,  “L’arte di Victor de Sabata”, ERI/Edizioni RAI, Torino, 1978