TESTIMONIANZE
Viola dell’Orchestra della Scala e poi capo del personale del TeatroUgo CortiTratto da: Teodoro Celli, “L’arte di Victor de Sabata”, ERI/Edizioni RAI, Torino, 1978
Il rapporto umano di de Sabata con l’orchestra non è cosa facile da descrivere, perché, quando dirigeva, egli era talmente preso dalla musica che eravamo trasportati tutti in un’atmosfera superiore. Ma l’uomo era molto difficile; bisognava saperlo avvicinare in certe circostanze.
Ricordo una occasione in cui il Maestro de Sabata mi ha chiamato e mi ha domandato: «Corti, lei non mi parla mai di Martinenghi; ma com’è questa situazione? » « Ecco, Maestro, purtroppo il nostro Martinenghi », — che era il primo violoncello dell’orchestra — « è colpito da un male inguaribile. Io, con la collaborazione di tutti i colleghi e anche di gente estranea — abbonati, industriali — faccio tutto il possibile per non fargli mancare niente, senza che lui se ne accorga ».
Il Maestro de Sabata mi ha quasi rimproverato perché io non gli avevo detto niente di questo. E allora ha preso il libretto degli assegni, me ne ha firmato uno e me lo ha consegnato in bianco. Questo non lo potevo accettare! Allora lui ha messo una cifra piuttosto «tangibile» e mi ha detto « Corti, l’interessato non deve sapere niente e nessuno deve saperne niente! Se ha bisogno ritorni da me, perché Martinenghi non lo si può abbandonare ». Questo era l’uomo de Sabata.
Il Maestro de Sabata: ricordo il suo Tristano, che è stato un capolavoro. Il Tristano di de Sabata era un’esecuzione sinfonica: infatti l’orchestra veniva alzata al massimo, a livello della platea: non c’era differenza fra orchestra e palcoscenico, tutti eravamo protagonisti. Eseguire il Tristano, rappresenta una vera fatica fisica; ma con de Sabata si arrivava alla fine dell’opera quasi senza accorgersene, tanto eravamo presi da questo grande interprete.
In: Teodoro Celli, “L’arte di Victor de Sabata”, ERI/Edizioni RAI, Torino, 1978